sabato 21 novembre 2009

E' solo un uomo

E' solo un uomo quello di cui parlo
del suo interno come del suo intorno
di quando scivola su stesso
di quando scrive come adesso
sulle sue guance ha il vento fresco
della vetta della conquista
sotto le unghie ha la terra quando striscia

le sue serate le sue ferite
le donne amate e poi dimenticate
dell'ambizione della speranza
le ragnatele della sua stanza
di quando ha paura di morire
e un orgasmo la fa tremare
di quando la vita non è così come appare

e' solo un uomo quello di cui parlo
quando inciampa nella sua ombra
quando cammina sull'acqua e non affonda
e' solo un uomo quello di cui canto
di quando sbaglia e non si perdona
il furore e il disincanto di quell'universo
a forma di persona

parlo di quando spara a suo fratello
e s'inginocchia a un portafoglio
quando osserva l'infinito
attraverso il suo ombelico
quando sventola una bandiera
o ci si nasconde dietro per paura
una menzogna è più cattiva
nascosta dentro una preghiera

e' solo un uomo quello di cui parlo
di una doccia dopo un tradimento
del sorriso che ritorna dopo che ha pianto
è solo un uomo quello di cui scrivo
la notte prima di un lungo viaggio
quando non sa se poi partire e' solo partire
o è anche scappare

è solo un uomo quello che mi commuove
che vorrei uccidere e salvare amare e abbandonare
è solo un uomo ma lo voglio raccontare
perché la gioia come il dolore si deve conservare
si deve trasformare


P.S. La trovo STUPENDA

venerdì 30 ottobre 2009

Cartolina





Avete presente la cattedrale? Beh io vivo di fronte alla torre...



La neve cade silenziosa e copiosa sopra la mia testa. Nevica ormai da mezza giornata e i tetti che vedo dalle finestre del mio appartamento all'attico del palazzo di ul. Piwna 27/29 sono completamente bianchi.
Suggestivamente bianchi. Forse era in previsione di quello che sto vedendo ora che ho accettato subito di affittare questo appartamento. Incredibile.
Neanche un film potrebbe essere più perfetto del momento che sto vivendo. Sono seduto a scrivere il mio post sul divano di casa, il laptop sulle gambe, la lampada vicino il divano accesa, la televisione che mi guarda scrivere e fuori le guglie della cattedrale che diventano sempre più bianche. I pensieri volano. E ce ne sono miliardi che ronzano nella mia testa.
Arrivato qui a Danzica due cose ebbero subito la mia attenzione: la rapidità con la quale nell'arco della stessa giornata il tempo cambiasse così repentinamente e la tonalità del verde.
Mi potevo svegliare alle 6 del mattino col sole e arrivare a coricarmi la sera a mezzanotte avendo visto pioggia e sole alternarsi proprio come un'altalena metereologica....su e giù....sole e pioggia.
A creare un tutto più intrigante, vivo, caldo, era il verde. Il verde del giardinetto all'ingresso della città vecchia, quello del bosco vicino l'aereoporto o quello del giardino immenso che circonda l'università tecnica della città.
"L'estate", o quella stagione che qui chiamano così, ma che in realtà non ha nulla a che vedere con quella da noi conosciuta, rendeva la città viva. Come se un fotografo avesse messo un filtro per tirare fuori l'essenza stessa dell'erba e delle foglie. All'improvviso però il verde lasciò il posto al rosso e al giallo che infiammarono vicoli, strade e giardini. L'autunno era entrato prepotente e affascinante come un enorme incendio. Un odore di erba umida e terra bagnata invase la città. La pioggia continua e costante scuriva i tetti rossi e spioventi delle case e la prima cosa a cui pensavo tornando a casa era la tazza di thè bollente da sorseggiare davanti la finestra mentre guardavo fuori.
E ora che invece il bianco è il colore predominante e che mi trovo qui ipnotizzato a vedere i fiocchi scendere lenti, compatti,nel loro caos organizzato, ragiono sul fatto che anche io, proprio come il tempo sulla città, stavo, in questi quasi 4 mesi, cambiando atteggiamento verso il mondo. Verso il mio mondo. Verso me stesso. Sicuramente un pò più uomo. Sicuramente segnato irremediabilmente.
L'esperienza è dura, ma anche bellissima. Il lavoro è gratificante, ma massacrante. Eppure per la prima volta in vita mia "non sento" la voglia di abbondonarmi a quella irresistibile voglia di lamento che prima o poi colpisce noi che abbiamo tutto. Sento che ce la faccio. Senza nessuno. Da solo.
In realtà l'avevo sempre fatto. Dall'università alle scelte personali, dai piccoli grandi problemi quotidiani che cercavo a quelli che mi venivano a trovare, ero sempre riuscito con le mie forze. Ma il pensiero di "potermi lamentare" e quindi di "appoggiarmi" ora a questo, ora a quest'altro, mi aveva sempre accompagnato.
Vivere da solo ti fa apprezzare le piccole cose. Vivere in una città del nord europa, lontano dai tuoi affetti, lontano dalla tua realtà, immerso in un ambiente ostile e crudo, dove i giorni di sole si contano sulle dita di una mano, ti fa apprezzare ancora di più non il sole, ma ogni suo singolo raggio. E come quella canzone ricominci a vedere che tutto intorno a te è meraviglioso.
Ed ora che la neve si è trasformata in pioggia e che la pioggia sta sciogliendo via via la neve fresca, comincio finalmente a fare pace con me stesso. O almeno ci provo.

sabato 29 agosto 2009

....tutto il resto è rumore bianco!

... E tutto quello che devi fare è metteti le cuffie... sdraiarti x terra ed ascoltare il cd della tua vita... traccia dopo traccia.. nessuna è andata persa...tutte sono state vissute... e tutte, in un modo o nell'altro, servono ad andare avanti... non pentirti, non giudicarti, sei quello che sei e non c'è niente di meglio al mondo.. pause, rewind, play.. e ancora... e ancora... non spegnere mai il tuo campionatore, continua a registrare e a mettere insieme i suoni per riempire il caos che hai dentro... e se scenderà una lacrima quando l'ascolti... bhe, non avere paura: è come la lacrima di un fan che ascolta la sua canzone preferita...

sabato 15 agosto 2009

Il buongiorno si vede dal mattino

Il quattordici Agosto per tutti i dipendenti Technip è da contratto un giorno di ferie. Era già una decina di giorni che tra noi si parlava di cosa avremmo fatto, dove saremmo andati e soprattutto quanto ci saremmo riposati. Io avevo fatto il mio bel progettino: giovedi sera tranquillo, venerdi di trasloco da hotel a casa e sabato e domenica di sano e puro riposo sistemando casa e facendo un pò il turista per Danzica.
In realtà non è che le cose siano andate esattamente come avevo progettato.
Ma facciamo un passo indietro. Avvenuta la conferma dalle alte sfere del cantiere che, in buona sostanza, venerdi 14 possiamo fare come più ci aggrada, guardo curioso il sorrisetto ironico stampato sulla faccia del mio supervisore. No, no, amico mio, ho da fare un trasloco, ti prego non ti inventare nulla! Dai no Simo, veniamo così ci smazziamo un pò di carta, in tutta tranquillità facciamo un giro in campo, ma soprattutto vediamo di mettere un punto a queste benedette quantità della colonna C3!
E così dopo un lungo: vengo, non vengo, decido che si, che diavolo, i miei programmi possono essere leggermente modificati.
Venerdi mattina mi alzo più tumefatto del solito. A stento riconosco la mia faccia nello specchio. D'altronde so pure le 6 del mattino...
Il tempo non è un granchè: nere nubi all'orizzonte non promettono nulla di buono ed un vento freddo spira da nord nord-est. Quando mi metto in macchina la città dorme ancora e la torcia dell'impianto che si vede in lontanza continua a sputare alte fiamme facendola assomigliare ad un faro che mi guida verso il mio attracco.
Il percorso a piedi che dal gate dell'impianto mi porta agli uffici è battuto da un vento che alza nuvole di polvere che fanno diventare difficile la respirazione.
Neanche il tempo di sistemare il pc e di indossare la "tenuta completa" (tuta, scarpe, casco, occhiali, guanti e cintura di protezione) che comincia un violentissimo temporale. Pino entra in stanza e fa: "Guagliò, brutte nuove: devi andare sul compressore K2 e poi sulla colonna C3..." ed io:" Vabbè moh che smette..." e lui:" A D E S S O!" scandendo lettera per lettera.
Quindi oltre a tutto l'armamentario aggiungeteci anche l'impermeabile (giallo, ma che più giallo non si può).
Vestito come un palombaro mi avvicino al K2: 600 metri a piedi ed ho bagnate anche le mutande. Se il buongiorno si vede dal mattino allora si salvi chi può. Faccio le mie cose diligentemente. Controllo e verifico quello che già sapevo: nel trasporto ci avevano fatto fuori 3 manometri e due termometri sul compressore...normale amministrazione.
Il vento continua a soffiare incessantemente, ma almeno ora che sono in cima alla colonna non piove più. Anzi, un timido sole fa capolino tra le nuvole.
Controllo che tutti gli attacchi dei livelli siano a posto e scendo. Ok, si può rientrare alla base! Sono a metà strada tra l'impianto e i nostri uffici quando una folata di vento più intensa e forte delle altre apre di colpo un paio di porte dei container alla mia destra. In uno di questi c'era un operaio polacco che stava facendo i suoi bisogni. Mi giro di scatto appena sento la porta sbattere, lui mi guarda con l'aria interdetta...e con tutte le vergogne di fuori viene a chiudere la porta. Sono solo le nove di mattina...
La giornata prosegue lenta ed il tempo sembra non trascorrere mai. E' il 14 Agosto, ma a Danzica abbiamo appena 13 gradi. Alle due del pomeriggio decido che basta, non se ne può proprio più e mi rimetto in moto per tornarmene a casa. Ho ancora il trasloco da fare e poi su 60 persone siamo in 5...
Tornato in hotel mi cambio e vado a fare un minimo di spesa. Così, mentre il tempo continuava a fare il ballerino e alternava attimi di sole a rovesci bibblici, mi incollavo le 6 buste della spesa in più viaggetti per 4 piani a piedi. Ho voluto l'attichetto in centro?
In uno di questi "andataeritorno" sul portone di casa c'era una vecchietta. Curva, molto anziana. Si appoggiava ad un bastone. I pochi capelli in testa erano bianchissimi, le mani rugose. Mi avvicino per entrare e lei girandosi mi guarda con aria interrogativa. Saluto in polacco con il mio sorriso più cortese ed innocente sperando che questo la convinca a lasciarmi passare, ma lei si posiziona esattamente davanti l'entrata e comincia a pormi delle domande (immagino) in polacco (sicuro!). Sorry madame, I don't speak polish...ma la signora ce l'ha proprio con me! Mano a mano che parla mi sembra sempre di più la strega cattiva di biancaneve. Manca solo che mi offra una mela avvelenata. Ad un certo punto capisco qualcosa come Russo?Inglese? Tedesco? ed io rinfrancato rispondo: sono italiano!
La domanda è: perchè non mi faccio mai i cavoli miei? La vecchietta va su tutte le furie. Alza ripetutamente, con fare minaccioso, il bastone, come se me lo volesse dare sulla testa e (credo) spara epiteti in polacco contro di me e contro l'Italia.
Dopo circa dieci minuti così bloccato (due buste della spesa più il portatile a tracollo) la pioggia arriva in mio soccorso. Entro nel portone, saluto cordialmente e comincio a salire le scale.
Ora ricapitolando: quaranta minuti di pioggia in campo la mattina con annesso spettacolo dell'operaio polacco, 15 minuti di insulti da vecchia polacca, George Clooney avrebbe detto: What else?
Sistemo tutto con curo e mi metto sul divano a vedere un film al pc: devo aspettare le 19 perchè l'azienda telefonica locale mi manderà un tecnico che farà l'allaccio ad internet. Anzi, l'appuntamento è tra le 19 e le 21. Comodo no? Alle otto e mezzo sento citofonare: era lui. Mi si presenta un tipo bassino, un pò smunto, con due baffi importanti e la fiatella tipica di queste parti. Lui non parla inglese, io non parlo il polacco. Ah beh, cominciamo benissimo! Lavora un pò sulla presa dentro casa poi mi guarda, si rialza, va verso il tavolino e prende una sedia. La alza e penso: ci siamo...ora me la spacca in testa! Invece vuole soltanto che gli apra la porta di casa ( e ci sono arrivato dopo dieci minuti buoni!!!)
Non so dove va e cosa faccia. Dopo pochi minuti rientra e con l'aria sconsolata mi passa il suo telefonino. Un operatore dall'altra parte mi spiega in inglese che non è possibile fare l'installazione perchè qualcuno del palazzo, abusivamente, si è impossessato della mia utenza! Sono dispiaciuti e torneranno martedi allo stesso orario per sistemare la questione. Allora so io...

Il resto del terribile weekend di paura alla prossima puntata...

lunedì 27 luglio 2009

Chi ben comincia....















La prima volta che indossi caschetto, occhiali, guanti, giacca con mostrina Technip, giubotto catarifrangente, pantaloni antistatici, flame retardant e acid resistant, scarpe antinfortunistica e imbracatura anti caduta e ti dirigi verso l'impianto è un momento eccitante. Per uno che fa il mio mestiere: indimenticabile.
Ti senti come un astronauta che si appresta a salire sullo Space Shuttle, un calciatore che sta per calcare per la prima volta l'erba dell'Olimpico, un pugile che sta per salire sul ring per combattere per il titolo mondiale dei pesi massimi.
I 400 metri che separano gli uffici dall'inizio del campo li percorri fiero ed orgoglioso. Ogni passo senti tutta la tua concentrazione, la tua attenzione, il tuo entusiasmo crescere indefinitivamente.

La mattina del mio "battesimo" era una mattina soleggiata. Venti che spiravano da sud avevano spazzato via le nubi dei giorni precedenti e un sole effimero riusciva a regalare un lieve tepore.
Più ci avvicinavamo e più la tensione saliva. Pino è prodigo di consigli: "Guagliò, in campana....Occhi aperti....Security First.....non fare cazzate...stammi dietro...domanda se non sei sicuro....guarda che quando entriamo ci sarà una Babele quindi mi raccomando....". Seguo tutte le raccomandazioni con grande attenzione.
Lui è una persona in gamba. Mi sono bastati 5 minuti a chiaccherare con lui il primo giorno per capirlo. Un vero Signore: bravissimo sul lavoro e umanamente eccezionale! Siamo arrivati. Pino si volta, mi guarda, cenno d'intesa...si parte! La tensione che ormai aveva toccato il suo apice svanisce immediatamente quando riconosco una valvola di controllo....e lì, lì...Pino quello è il compressore centrifugo...e li....ancora devono collegare tutti quei manifold....attenzione: Pino non ti pare che quei supporti siano storti?
Lo so...non vi starà dicendo molto quello che state leggendo. Ma pensate soltanto alle sensazioni che avete avuto la prima volta che vi è capitato di vedere una cosa di cui avete sentito parlare per anni...il solo fatto di averla riconosciuta vi manda in estasi. Figurarsi poi per uno come me che (sorprendendo per primo se stesso) ha cominciato questa nuova avventura con gli occhi del bambino.
Cerco di stare attento più che posso. In effetti il pericolo è dietro l'angolo. Gente che salda, che urla, che sega, che trapana, gru, sollevatori, persone che ti camminano sopra la testa, rumore di martellate, divieti, buche, insomma: Roma nell'ora di punta sembra il Paradiso Terrestre. Ad un tratto si uniscono a noi due colleghi, uno dei quali sarebbe il responsabile di tutta la parte campo. E dopo i primi convenevoli si aggiunge al gruppo il responsabile della sicurezza. Si comincia così a discutere del problema che eravamo venuti a vedere e dopo poco le opinione convergono sul fatto che avremmo dovuto vedere anche l'altra parte dell'impianto per cercare di capire e uniformare. Cominciano quindi a camminare verso la seconda area e quello della sicurezza mi fa:"Vedi di non farti male è..." ed io:"Grazie della fiducia!" e lui di rimando:"Conosco i miei polli...". Non ci resto benissimo, ma chissene frega: sono in cantiere e almeno per quel che riguarda la mia parte comando io! All'improvviso la pavimentazione finisce e si deve proseguire lungo un ampio tratto sterrato dove scavatrici lavorano ininterrottamente da due giorni per poter permettere agli elettrici di posizionare i loro cavi. Il fichetto del manager si gira (anche verso Pino!!! la gente non conosce vergogna) e fa:"Mi raccomando,venite dietro di me..." L'aria era quella dell'uomo che non deve chiedere...mai! Solo che non fa in tempo a girarsi che mette un piede in fallo e quasi casca...
E mentre lui cerca dignitosamente di ritrovare l'equilibrio penso: e noi dovremmo costruire un impianto con questi personaggi? Potevamo vince la guerra??? Ma d'altronde si sa: chi ben comincia....

mercoledì 22 luglio 2009

Cominciamo

L'impatto è stato durissimo. Arrivo a Danzica alle 14 e mentre mi dirigo verso l'uscita dell'aeroporto un velo di nostalgia mi riporta ogni secondo a Roma. Prendo il cellulare e comincio a scorrere tutti i messaggi mandati da Amici sempre premurosi. Una lacrima fa capolino sul bordo dei miei occhi. Tento inutilmente di rispedirla dentro. Meno male che gli occhiali da sole mi aiutano a mascherare la commozione.

Un tipo alto, grosso, grasso e molto alticcio mi dà il benvenuto chiedendomi, in un inglese molto maccheronico, se avessi bisogno di un taxi.

Faccio si con la testa e subito un vecchio panzone con due baffi da fare invidia a Stalin (da li il detto: adda venì Baffone...) mi si avvicina e mi prende le valigie. Le carica su una mercedes 190E, mi apre lo sportello e mi chiede dove voglio andare. Col mio striminzito inglese faccio: " Do you know where is Hanza hotel?". Non mi risponde neanche: fa un cenno indefinibile con la testa e sale in macchina.

Smadonna un paio di volte perchè a causa di una festa patronale che comincerà il prossimo weekend gli hanno chiuso due delle tre strade che prende per portarmi a destinazione. Durante la corsa nessuna parola. Nessuno sguardo. Solo la musica italiana sparata dall'autoradio. Passa Toto Cutugno, Eros Ramazzatti e Laura Pausini.

Arrivo in hotel e tento di sistemarmi. Mi faccio anche un giro (breve) dall'hotel al centro. 300/400 metri a piedi per comprare un adattatore di potenza per il pc portatile e due batterie per la macchina fotografica.

Il pomeriggio passa. Arriva la sera e finalmente le prime parole scambiate con qualcuno. Per darmi il benvenuto in Polonia mi portano in un ristorante tipico...italiano. "Toscana". Cena: crostini toscani e carne alla griglia. Birra e sorbetto al limone. Rientrando penso: "Oi datti una svegliata...che cavolo sei venuto a fare? A fare il pianto? Potevi rimanertene a Roma...". E così comincio ad uscire dal torpore. E mi riapproprio della consapevolezza con cui sono partito.

Primo giorno vero di lavoro oggi 21 luglio. Mi presento al Site Manager. Tipo giovanile e garbato. Mi stringe la mano e mi fa:"Piacere, ti stavamo aspettando". dopo circa mezz'ora fra interruzioni e raccomandazioni mi fa:" Maurizio, vero?" e io: "No...Simone" e lui "Ah si scusami..." e ricomincia la tiritera: mi raccomando lavora, stai tranquillo, non bere, attento qua, attento là....dopo un pò: "Nappi vero?" e mentre mi domando se veramente stava aspettando rispondo: " Sempre Mauti...". Poi dici che so pignolo.
"Ah si, scusa...Mauti....senti dovresti recarti dal personale HSE così che ti possano dare la tua dotazione e tu possa fare un piccolo refresh del corso appena sostenuto...".
L'HSE mi tiene 15 minuti. Poi mi accompagna in uno sgabbuzzino e mi rifila in ordine: caschetto, giacca, pantalone, giacca invernale, cardigan, 2 paia di occhiali, scarpe antinfortunistica, guanti e tappi per le orecchie. L'incerata per quando piove me la daranno...vabbè, m'hanno fatto un buono penso io!

Torno in ufficio e il mio supervisore (persona splendida) mi fa: "Sei stato alla Standa?". Dopo poco mi vuole con lui in campo e lì una emozione dopo l'altra. Il lavoro prende il sopravvento su tutto e torno ad essere Simone.


Siamo quasi alla fine della settimana (per voi) però devo ammettere che pensavo decisamente peggio. Sicuramente verranno giorni tristi, giorni lavorativamente parlando più impegnativi, giorni in cui dirò: mollo tutto e torno a Roma, ma così come sono convinto di ciò, allo stesso modo sono convinto che l'affetto che mi state TUTTI dimostrando mi darà la forza per andare avanti.

Grazie mille a tutti voi! Standing Ovation da parte mia. Non so neanche se me lo merito tutto questo affetto.

sabato 18 luglio 2009

20 Luglio 2009

E allora ci siamo. Sembrava che questo giorno non dovesse arrivare mai. E invece puntuale come un orologio svizzero eccola qui la fatidica data: 20 luglio 2009. Tutti a dirmi che da oggi la mia vita cambierà. Che un'occasione così non si può buttare alle ortiche, che devo pensare solo al bello, che tutto sommato ogni due mesi starò una settimana a casa, e tante altre belle storie. Tutte vere, tutte incredibilmente inutili a poche ore dalla partenza. Oggi, mentre scrivo, proprio non mi riesce di guardare "il bello" della cosa...oggi, riesco solo a vedere ciò che sto lasciando dietro di me e mi domando se ho fatto la scelta giusta, se ne varrà la pena, se...
Ma mio nonno mi ripetava sempre che con i se e con i ma la Storia NON si è mai fatta. Forza ragazzo, rimboccati le maniche e tira fuori il carattere.

No, no...lo so che state pensando tutti: eccoci ci siamo, si sta lamentando...sta facendo il pianto, si sente vittima sacrificale di chissà quale dio ingegneristico. ASSOLUTAMENTE NO! Nessuno mi ha puntato una pistola alla tempia. E' una mia scelta: me ne prendo tutti i rischi. Il rischio di fallire, il rischio di essere rispedito al mittente prima di riuscire a capirci qualcosa, il rischio di perdere ciò che ho oggi, il rischio di tornare e trovare una realtà che per forza sarà differente da quella che ho lasciato.
E' stata una scelta ponderata questa. E sono contento di fare questa esperienza. Se in questo momento tentenno: scusate, sono umano e ho un cuore.
Credo che alle persone a cui voglio bene ho lasciato detto tutto ciò che avevo nella testa. Diciamo che queste quattro righe sono solo un appunto ulteriore. Ognuno di voi in un modo o nell'altro ha contato qualcosa d'importante per me. Chi da tutta una vita e chi invece da pochi giorni. Tante persone mi hanno sommerso di affetto. Grazie! Forse senza di voi oggi non sarei l'uomo che sono. Pronto ad affrontare un'esperienza che, vada come vada, mi cambierà la vita.

Un saluto particolare però lo voglio rivolgere a chi, per ragioni diverse, in questo momento ha davvero cose più importanti a cui pensare. Quindi un saluto e un abbraccio a Anna e a Sabrina. Vi voglio veramente bene. E mi raccomando: quando siete proprio giù pensate a me che vi chiedo un sorriso!

Je, tu non rientreresti nella casistica di sopra, ma siccome sei TU....'na cifra, 'na cifra! E ho detto tutto!

Sara, noi ci siamo detti tutto guardandoci negli occhi e poi non c'è mai piaciuto sbandierare i fattacci nostri. Tu sai.


Bando alle ciance signori: il blog riapre ufficialmente. Comincia la nuova avventura.
Allacciate le cinture...

mercoledì 4 febbraio 2009

Il grido del povero sale fino a Dio, ma non arriva alle orecchie dell'uomo. Felicité-Robert de Lamennais

Fermo nel traffico impazzito di una Città impazzita sono completamente assorto nei miei pensieri. Il latte, l'acqua, la tintoria, e l'autoradio che "legge" e "spara" nelle casse le dolci note di "My baby just cares for you" "scolpite" sul cd...le sentite?

My baby don't care for shows/My baby don't care for clothes/My baby just cares for me/My baby don't care for cars and races/My baby don't care for high-tone places

La pioggia non smette di cadere sul mio parabrezza e su quello delle macchine ferme insieme a me per il rientro a casa. Lo stress di 9 ore di lavoro comincia ad evaporare passando per la mia povera schiena. I muscoli si rilassano, gli occhi cominciano a chiudersi, tutto comincia a farsi "più umano" e anche la ragione ti riporta verso quella dimensione umana che dovremmo sempre tenere.

Ormai la macchina va da sola. Entro, quasi senza accorgermene, nel mio quartiere. Il vento non cessa di far urlare gli alberi che si piegano al suo volere. No, questo è l'inizio di una sera speciale non c'è dubbio. Anche il tempo sembra quello adatto. Adatto al pensiero. Quello che ognuno di noi dovrebbe avere una volta al giorno con se stesso.
Faccio la salita che mi porta alla rotonda della stazione stirando e "facendo un pò male" alla mia seconda marcia. Inserisco la terza, due metri, tocco leggeremente il freno e scalo. Sterzo verso sinistra e vado dritto per la strada che mi conduce alla chiesa.
Ormai la pioggia è così intensa che i tergicristalli quasi non ce la fanno più a spazzarla via dal vetro. E tra un andata e un ritorno eccolo là. La figura che avevo sempre immaginato.
Un uomo. Anziano? Giovane? No, impossibile inserirlo in qualsiasi tipo di spazio-temporale. Fuori dal tempo, fuori dallo spazio, sembrava quasi non far parte di questa realtà. Più alto della media indossava un completo nero un pò consumato di una taglia inferiore alla sua, camicia bianca e una mantellina scura. Tuba e bastone. La barba lunga.
Non so chi di voi abbia mai sentito "Il vecchio Frac" ma, prima che i Negramaro rifacessero "Meraviglioso", era l'unica canzone di Domenico Modugno che avevo sentito. Sentito ed amato. E per un momento mi è sembrato veramente di avere di fronte a me il protagonista di quella canzone.
Ed invece la realtà, come sempre, è sempre peggiore della fantasia.
Quella figura non è e non è mai stata immaginaria. E' ed è sempre stata reale.
Solo, come solo ha passato tutta la sua esistenza, andava lento sotto la pioggia. Quell'andatura ciondolante di chi ormai da troppo tempo a imparato che la pioggia che cade lava e disseta la terra, che il sole scalda e da vita, che i suoi unici problemi sono quelli di vivere in un mondo che non lo guarda. In un mondo che lo considera un problema. Invisibile agli occhi della gente. Che quando per sbaglio gli sbatte davanti gli da quasi noia perchè la obbliga a vederlo, a pensare, a fargli un gesto...magari solo un cenno con la mano.
La macchina inarrestabile lo sorpassa e lo lascia indietro. Lo cerco ancora nello specchietto retrovisore, ma ormai la pioggia e la notte lo hanno risucchiato.
Ed io mi ri-immergo nei miei piccoli e insignificanti problemi quotidiani. Sperando una volta di più che un giorno tutti, ma proprio tutti, riusciremo a capire la "bellezza" e la singolarità della "pazzia". La "bellezza" e l'appagamento di una buona azione.





(D. Modugno)
E' giunta mezzanotte,
si spengono i rumori,
si spegne anche l'insegna di quell'ultimo caffè;
le strade son deserte,
deserte e silenziose,
un'ultima carrozza cigolando se ne va.
Il fiume scorre lento,
frusciando sotto i ponti,
la luna splende in cielo,
dorme tutta la città:
solo va un uomo in frac.
Ha un cilindro per cappello,
due diamanti per gemelli,
un bastone di cristallo,
la gardenia nell'occhiello,
e sul candido gilè
un papillon, un papillon di seta blu.


Si avvicina lentamente
con incedere elegante,
ha l'aspetto trasognato,
malinconico ed assente,
non si sa da dove vien
né dove va;
chi mai sarà
quell'uomo in frac.


Bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit,
buona notte,
va dicendo ad ogni cosa
ai fanali illuminati,
ad un gatto innamorato
che randagio se ne va.