Fermo nel traffico impazzito di una Città impazzita sono completamente assorto nei miei pensieri. Il latte, l'acqua, la tintoria, e l'autoradio che "legge" e "spara" nelle casse le dolci note di "My baby just cares for you" "scolpite" sul cd...le sentite?
My baby don't care for shows/My baby don't care for clothes/My baby just cares for me/My baby don't care for cars and races/My baby don't care for high-tone places
La pioggia non smette di cadere sul mio parabrezza e su quello delle macchine ferme insieme a me per il rientro a casa. Lo stress di 9 ore di lavoro comincia ad evaporare passando per la mia povera schiena. I muscoli si rilassano, gli occhi cominciano a chiudersi, tutto comincia a farsi "più umano" e anche la ragione ti riporta verso quella dimensione umana che dovremmo sempre tenere.
Ormai la macchina va da sola. Entro, quasi senza accorgermene, nel mio quartiere. Il vento non cessa di far urlare gli alberi che si piegano al suo volere. No, questo è l'inizio di una sera speciale non c'è dubbio. Anche il tempo sembra quello adatto. Adatto al pensiero. Quello che ognuno di noi dovrebbe avere una volta al giorno con se stesso.
Faccio la salita che mi porta alla rotonda della stazione stirando e "facendo un pò male" alla mia seconda marcia. Inserisco la terza, due metri, tocco leggeremente il freno e scalo. Sterzo verso sinistra e vado dritto per la strada che mi conduce alla chiesa.
Ormai la pioggia è così intensa che i tergicristalli quasi non ce la fanno più a spazzarla via dal vetro. E tra un andata e un ritorno eccolo là. La figura che avevo sempre immaginato.
Un uomo. Anziano? Giovane? No, impossibile inserirlo in qualsiasi tipo di spazio-temporale. Fuori dal tempo, fuori dallo spazio, sembrava quasi non far parte di questa realtà. Più alto della media indossava un completo nero un pò consumato di una taglia inferiore alla sua, camicia bianca e una mantellina scura. Tuba e bastone. La barba lunga.
Non so chi di voi abbia mai sentito "Il vecchio Frac" ma, prima che i Negramaro rifacessero "Meraviglioso", era l'unica canzone di Domenico Modugno che avevo sentito. Sentito ed amato. E per un momento mi è sembrato veramente di avere di fronte a me il protagonista di quella canzone.
Ed invece la realtà, come sempre, è sempre peggiore della fantasia.
Quella figura non è e non è mai stata immaginaria. E' ed è sempre stata reale.
Solo, come solo ha passato tutta la sua esistenza, andava lento sotto la pioggia. Quell'andatura ciondolante di chi ormai da troppo tempo a imparato che la pioggia che cade lava e disseta la terra, che il sole scalda e da vita, che i suoi unici problemi sono quelli di vivere in un mondo che non lo guarda. In un mondo che lo considera un problema. Invisibile agli occhi della gente. Che quando per sbaglio gli sbatte davanti gli da quasi noia perchè la obbliga a vederlo, a pensare, a fargli un gesto...magari solo un cenno con la mano.
La macchina inarrestabile lo sorpassa e lo lascia indietro. Lo cerco ancora nello specchietto retrovisore, ma ormai la pioggia e la notte lo hanno risucchiato.
Ed io mi ri-immergo nei miei piccoli e insignificanti problemi quotidiani. Sperando una volta di più che un giorno tutti, ma proprio tutti, riusciremo a capire la "bellezza" e la singolarità della "pazzia". La "bellezza" e l'appagamento di una buona azione.
(D. Modugno)
E' giunta mezzanotte,
si spengono i rumori,
si spegne anche l'insegna di quell'ultimo caffè;
le strade son deserte,
deserte e silenziose,
un'ultima carrozza cigolando se ne va.
Il fiume scorre lento,
frusciando sotto i ponti,
la luna splende in cielo,
dorme tutta la città:
solo va un uomo in frac.
Ha un cilindro per cappello,
due diamanti per gemelli,
un bastone di cristallo,
la gardenia nell'occhiello,
e sul candido gilè
un papillon, un papillon di seta blu.
Si avvicina lentamente
con incedere elegante,
ha l'aspetto trasognato,
malinconico ed assente,
non si sa da dove vien
né dove va;
chi mai sarà
quell'uomo in frac.
Bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit,
buona notte,
va dicendo ad ogni cosa
ai fanali illuminati,
ad un gatto innamorato
che randagio se ne va.
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