A me piace andare in campo. Salire sulle colonne o sul pipe rack, camminare sospeso a 25-30 metri d’altezza, guardare, toccare, assicurarmi della tenuta di una guarnizione piuttosto che della bontà di un cablaggio sul motore di una pompa.
Naturalmente, come ho avuto modo di dire un sacco di volte, non si va in campo come si va ad una scampagnata. Ci si va cercando di tenere il cervello sempre vigile perchè il pericolo è dietro l’angolo. E per cercare di limitare anche l’imponderabile, ci si va con una certa equipaggiatura. Casco (e non sapete quant’è utile!), guanti, occhiali, scarpe anti-infortunistica, giubbetto catarifrangente e soprattutto l’harness.
E così in ufficio assistiamo spesso a quella che chiamiamo “la vestizione” di chi, nonostante il freddo, la pioggia, il vento, la neve, è costretto suo malgrado a salire su per i camini dei forni piuttosto che su colonne di ricircolo gas o camminare a 30metri d’altezza su tubazzi da 14 pollici. Ma è della vestizione di un particolare personaggio che vi voglio parlare.
Premesso che in campo, in otto mesi di cantiere, ci sarà andato 6 volte in tutto, Maurizio è la persona che lavora con me da 3 anni. Fianco a fianco ne abbiamo superate di crisi. Sempre prendendoci in giro e “maledicendoci” reciprocamente. Ma come sapete bene alle volte ci sono tanti modi per dirsi le cose.
Lui è in teoria il responsabile della Sala Tecnica quindi, lo dico per i profani, non dovrebbe frequentare il campo, ma, come diciamo noi all’interno della sezione tecnica, lui fa il lavoro “nobile”. E quando la sua presenza in campo è proprio necessaria ci va veramente contro voglia. Ma la scena che quelle poche volte ci si presenta davanti è esilarante.
Pino arriva quatto quatto cercando di prenderlo con le buone: “Mauriziooo, hai da fare?? Ci sarebbe un problemino....dovremmo andare in campo...” e di rimando subito con un tono di voce oltre i 65dB: “Ah Pino, nun me scoccià...c’ho da fa...e poi non è che dovemo annà ar cinema!!!! Io che c’entro?”.
Dopo circa mezz’ora di litigata, finalmente, il nostro eroe decide che si, è proprio necessaria la sua presenza e inizia “la Vestizione”.
Si alza dalla sedia borbottando come e non meno di una pentola di fagioli che lui è responsabile dell’automazione, quindi della sala tecnica, che a lui “il ferro” non gli interessa, che non è compito suo e che questo è un lavoro di merda. Si comincia a cambiare la scarpe continuando a borbottare qualche indicibile frase in sanscrito antico e ricomincia a smadonnare a più riprese che lui non deve andare in campo. A questo punto si infila il giaccone pesante e da quel momento in poi inizia la fase “calda”.
Già perchè è il momento di indossare l’harness (l’imbracatura necessaria a chi deve salire in quota). Allora dopo circa dieci minuti che la tiene sollevata in aria cercando di capirne il verso, comincia a infilarla e ad arrotolarcisi dentro neanche fosse un’anguilla. Di solito inizia infilando il braccio sinistro nella parte dove, normalmente, andrebbe inserita la gamba destra e continua a combatterci contro fino a che rimane incartato come una caramella. Allora mentre cerca di liberarsi e noi piangiamo dal divertimento, ricomincia il torpiloquio in tutte le lingue del mondo che tutto st’armamentario non serve a nulla, che tanto lui non si lega, che tanto lui in quota non ci va...
Poi, passati buoni 15 minuti di risate, qualcuno si erge a compassione e lo aiuta a mettersi l’imbracatura. Ma siamo solo a metà.
Si perchè, forse convinto che la questione fosse finita li, dato il grande impegno profuso, inizia il balletto dentro-fuori.
Come se nulla fosse, allacciata l’ultima presa, esce di corsa dall’ufficio. Due secondi ed ecco che la porta si riapre. Gli occhiali, li mettiamo? Esce nuovamente. Due secondi e la porta si riapre. Il casco? Riesce. Passano tre secondi stavolta. Il giubbotto catarifrangente!!!! Maurì prima che riesci.....te sei scordato pure i guanti!!!!
Allora sbuffando li prende, mi guarda e fa: “Dirmelo prima no?” e se ne va.
Ma si sa.....can che abbaia non morde!
lunedì 26 aprile 2010
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3 commenti:
.... so che per chi non conosce il lavoro che facciamo e soprattutto il "soggetto" di cui parliamo il tuo racconto possa non dire un granchè..... ma .... io sto con le lacrime!!! Me lo vedo davanti agli occhi ... come se fosse qui e soprattutto lo sento borbottare ininterrottamente.....CHE SOGGETTO!
I understood about half of that and imagining M. trapped in the harness gave me a big laugh :)
ahahahah!!! sto ancora a piagne dal ridere dal tuo racconto..è praticamente realissimo!! i suoi borbotti sono unici!! mitico Maurizio!!!!! e grazie a te Simone, continua così a raccontarci le vostre avventure!!!
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