mercoledì 10 settembre 2008

Il Bunker

Nell'era di internet, dei videogiochi, della Playstation, dei cartoni animati che NON sono più quelli di una volta, dei telefonini, dei video su youtube e tanto, tanto altro, mi sono accorto che alla fine, forse, non è poi cambiato granchè.
Sono cresciuto quasi dentro una campana di vetro. Fino all'età di 13 anni era VIETATO uscire dal mio condominio.
Come me anche tutti gli altri bambini dovevano attenersi alla stessa regola. E forse anche per questo, una volta usciti, abbiamo ripetutamente sbattuto il muso con quella realtà, che molti chiamano semplicemente LA STRADA, a cui non eravamo abituati.
Dove abito io c'è un grande giardino che abbraccia le tre palazzine del comprensorio. Lì, fra quelle lingue di verde e di asfalto, bianche ringhiere ci separavano dalla strada. Lì abbiamo giocato a tennis, calcio, moscacieca, biglie, nascondino, lo schiaffo del soldato, salta cavallo. Una volta abbiamo anche "simulato" un'olimpiade. Abbiamo costruito varie capanne dove rifugiarci quando il sole picchiava troppo forte sulle nostre teste. Siamo saliti sugli alberi di gelsi per raccogliere i frutti più maturi. E ci siamo incantati troppe volte a guardare il sole tramontare verso il mare. Ammaliati da quei colori così vivi.
Si, insomma, cercavamo di arrangiarci con quello che avevamo. Eppure la cosa che ci aveva sempre intrigato era una costruzione militare che dista 5 metri dalla ringhiera del giardino. Si, un bunker risalente la seconda guerra mondiale che domina la campagna che lambisce la ferrovia Roma-Lido. Per noi era semplicemente il bunker.
Allora rappresentava tutto ciò che ci era nascosto. L'ignoto al di fuori del giardino. Forse un mezzo per entrare nel mondo dei grandi.
Il bunker era sempre frequentato da ragazzi molto più grandi di noi. Era un ritrovo. Li vedevamo fumare, ridere, sfottersi, bestemmiare, sputare, drogarsi, fare l'amore.
E così quando fummo finalmente liberi di conoscere tutto ciò che c'era fuori, il primo luogo che visitammo fu proprio il bunker.
Non un granchè deve dire. Eppure entrarci, leggere le immacabili scritte, fiutare l'odore di quel posto ci dava i brividi. Forse una sensazione che sento ancora oggi al ricordo.
Gli anni passano e gli interessi cambiano. E siccome non c'è stato ricambio generazionale nè nella zona dove abito, nè nel condominio di casa, il giardino, la strada e il bunker sono rimasti deserti per molti anni.
Deserti...disertati dai quei rompicoglioni che sono i ragazzi dagli 8 ai 15-16 anni.
Da un pò di tempo però la tendenza si è invertita. E tutto, come se fosse passata la stagione invernale, ha cominciato a popolarsi di nuovo. Come se d'improvviso la primavera fosse scoppiata.
La scorsa domenica ero intento nei miei allenamenti (corsa, sbarra, salto con la corda...)quando da fuori il giardino sento delle voci. Lì per lì non ci faccio caso e continuo l'allenamento. Poi d'improvviso le voci sono diventate sempre più forti e allora avvicinatomi alla ringhiera...eccoli lì. Un gruppeto di una quindicina di ragazzetti/bambini che fumavano, parlavano, scherzavano, ridevano, perculavano, sputavano e facevano i gradassi davanti alle poche ragazze che si erano unite alla compagnia.
Certo, noi non avevamo tutti quei vestiti firmati, non avevamo i jeans sotto il culo, non avevamo i capelli piastrati e non avevamo l'ultimo modello di telefonino...ma sempre affascinati da quel luogo eravamo. E quel luogo, per noi come per loro, ha sempre incarnato quella voglia di libertà che da che mondo è mondo morde le chiappe a chi si appresta a diventare adulto. Senza fretta, però!

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